In questo secondo volume dei cinque dedicati all'abitato rurale merovingio di Develier-Courtételle (Repubblica e Canton Giura, Svizzera) sono presentati i risultati delle ricerche realizzate sugli scarti metallurgici e sul materiale metallico raccolti in questo sito esplorato dalla Section d'archéologie et de paléontologie de l'Office de la culture fra il 1993 e il 1997. Già durante gli scavi archeologici si era potuta percepire l'esistenza, sul sito, di un intensa attività di metallurgisti e di fabbri, confermata dalla scoperta, oltre che di scarti, di quindici strutture legate alla lavorazione del ferro (CAJ 13). Fra queste ultime si contano dodici bassiforni, di cui quattro eventuali, mentre le aree di forgia sono tre.

Dopo una rapida evocazione del contesto globale dello studio (cap. 1), nel capitolo 2 si entra nel vivo dello studio della metallurgia del ferro di Develier-Courtételle con la presentazione di alcune nozioni di base e con quella, particolareggiata, delle metodologie archeologiche ed analitiche impiegate.

Vengono poi dettagliati i numerosissimi scarti metallurgici rinvenuti negli strati di occupazione risalenti all'Altomedioevo e corrispondenti a 100 000 frammenti per un peso totale di oltre quattro tonnellate (cap. 3). Bisogna però sin d'ora sottolineare che tutti questi scarti caratterizzano le differenti tappe della post- riduzione, non essendo stata rilevata alcuna attività produttiva - ossia la riduzione del minerale di ferro propriamente detta - nel perimetro esplorato. Sebbene all'incirca la metà di questi (ma ben il 90% del peso totale) risultino essere scorie a forma di calotta, una seconda categoria ricca in informazioni tipo-tecnologiche ed analitiche ha potuto essere classificata : trattasi degli scarti ricchi in ferro (rifiuti di forgia e scorie ferruginose). Il saldo degli scarti metallurgici raggruppa le scaglie, le scorie dall'aspetto colato, il minerale e gli elementi di costruzione degli impianti per la lavorazione del ferro. Lo sforzo principale è così stato portato sulle scorie a forma di calotta, di cui ben 1172 pezzi sono stati esaminati in dettaglio. Questo esame ha richiesto, in parallelo, una ricerca analitica approfondita (chimica, mineralogia e metallografia), grazie alla quale si sono potute differenziare le calotte provenienti dalla raffinatura (depurazione e compattaggio della spugna di ferro formatasi durante la riduzione) da quelle provenienti dalla forgiatura (elaborazione dell'oggetto in ferro) e si è potuto definire il gruppo di riferimento del metallo lavorato a Develier-Courtételle.

L'esame dei 2200 oggetti e frammenti d'oggetti metallici rinvenuti negli strati di occupazione è proposto in funzione dei grandi temi scelti per la loro classificazione (cap. 4 e 5). La varietà e la qualità spesso sostanziale di questi materiali mettono in valore le attività economiche o domestiche, gli oggetti usuali o personali e le diverse componenti dell'equipaggiamento. Da ciò scaturisce che le attività artigianali costituivano una parte non indifferente delle occupazioni alle quali gli abitanti di Develier-Courtételle si dedicavano : se una parte degli arnesi era legata alla metallurgia, altri attrezzi lo erano alla lavorazione del legno e a quella delle materie flessibili come il cuoio o i tessili. Alcuni oggetti propri alle attività agricole e all'allevamento sottolineano poi un altro aspetto dell'economia di base di questo abitato. I dati più interessanti dal punto di vista della cronologia relativa emergono dagli accessori dell'abbigliamento e dagli ornamenti, come pure da qualche oggetto dell'equipaggiamento nell'ambito dell'armamento e della cavalleria. Ciò malgrado, lo spettro dei materiali suscettibili di fornire alcuni argomenti di datazione si limita per l'essenziale al 7e secolo. D'altronde, si è potuta dimostrare la presenza di una produzione locale di oggetti metallici grazie alla scoperta di vestigia archeologiche come gli scarti di forgia e specifici attrezzi da una parte, all'analisi metallografica dall'altra. Quest'ultima ha stabilito, a più riprese, il legame tra il metallo lavorato sul sito e quello di diversi oggetti analizzati.

Nello studio della distribuzione spaziale (cap. 6) l'attenzione è stata posta sui dieci insiemi identificati a Develier-Courtételle, ossia sei fattorie (F1-F6) e quattro zone d'attività (Z1-Z4). Questo studio ha permesso di meglio comprendere l'organizzazione della lavorazione del ferro grazie agli scarti metallurgici, come pure di percepire le grandi linee dell'evoluzione cronologica dell'agglomerazione rurale con l'ausilio degli oggetti metallici più significativi. La maggior parte degli scarti è stata trovata in contesti che hanno premesso di identificare diversi atelier metallurgici, malgrado l'erosione delle strutture e dei suoli archeologici. A volte, il rapporto fra le calotte attribuibili all'una o all'altra delle tre differenti fasi delle post-riduzione - depurazione, compattaggio e forgiatura - permette di giungere ad un'idea più precisa della natura del lavoro realizzato in un atelier.

Infine, la riunione dei dati acquisiti permette di fare il punto sui processi metallurgici messi in atto dai fabbri di Develier-Courtételle fra il 550 e il 650 AD all'incirca (cap. 7). Sono esposte in particolare le considerazioni tecnologiche, quantitative e comparative che esaminano la cronologia ed i contatti culturali o economici di Develier-Courtételle. Fra il 6e e l'8e secolo, le rive del ruscello La Pran sono colonizzate da un insediamento di tipo rurale comprendente diverse installazioni di post-riduzione e di forgia. Quest'integrazione di attività metallurgiche nella trama di un abitato domestico ed artigianale rappresenta uno degli interessi maggiori del sito. Paragonati a quelli risalenti all'epoca romana, gli atelier presentano dimensioni più ridotte e sono più dispersi dal punto di vista spaziale. Per quanto riguarda il quadro economico, il modello d'organizzazione della produzione rilevato a Develier-Courtételle (approvvigionamento esterno di ferro già ridotto, trasformazione sul posto) si allontana un po' dall'immagine dei "fabbri itineranti" ancora ricorrente per l'Altomedioevo. I dati attualmente a disposizione permettono piuttosto di immaginare degli atelier stabili ed organizzati in maniera coerente, in relazione con un distretto produttivo.

Traduzione: Maruska Federici-Schenardi